Tentato furto aggravato da violenza sulla cosa o tentativo di danneggiamento?

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In tema di reati contro il patrimonio, il tentativo di furto aggravato dalla violenza sulla cosa si distingue da quello di danneggiamento della stessa non per la materialità del fatto, che può essere identica, ma per la direzione della volontà dell’agente, essendo necessario valutare, al fine di identificare lo specifico finalismo dell’azione – verso l’impossessamento della cosa mobile ovvero verso il deterioramento della stessa – le modalità dell’azione, i mezzi per realizzarla e le caratteristiche strutturali della cosa mobile.

Lo ha stabilito la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione con sentenza n 7559/2019 ud. 13/12/2018 – deposito del 19/02/2019.

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La Corte nel passo decisivo della motivazione precisa che, ai sensi dell’art. 56 cod.pen.: «Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica», con la conseguenza che è ben configurabile il delitto di tentativo di furto nel caso in cui l’agire del reo si arresti anche in un momento antecedente rispetto all’esaurimento della condotta di sottrazione della cosa mobile: di modo che, ove l’azione protesa alla sottrazione – intesa come distacco – del bene abbia luogo utilizzando la violenza, il criterio per distinguere la fattispecie di tentativo di furto con violenza sulla cosa da quella di tentativo di danneggiamento va individuato nella direzione della volontà del soggetto agente verso la sottrazione della cosa mobile in vista del successivo impossessamento, siccome desunta dalle circostanze del fatto, singolarmente e globalmente considerate, univocamente deponenti nel senso indicato. Ne viene che, ove il giudice di merito abbia effettuato la suddetta indagine, senza incorrere in illogicità evidenti, concludendo per l’orientamento della volontà del soggetto agente in direzione dell’impossessamento piuttosto che del deterioramento della cosa mobile, vertendosi in materia di valutazione in fatto, il relativo apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità. Va, dunque affermato che, allo scopo di operare la qualificazione del fatto come tentativo di furto aggravato dalla violenza sulla cosa piuttosto che come tentativo di danneggiamento della stessa, poiché i due reati si distinguono non per la materialità del fatto, che può essere identica, ma per l’elemento intenzionale, onde identificare lo specifico finalismo dell’azione – verso l’impossessamento della cosa mobile ovvero verso il deterioramento della stessa – occorre valutare le modalità dell’azione, i mezzi per realizzarla, le caratteristiche strutturali della cosa mobile, così da trarne elementi univocamente deponenti per l’uno o per l’altro orientamento della condotta del soggetto agente.

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