Art. 69 bis Legge fallimentare ed azioni revocatorie ordinarie esperite dal curatore

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La Cassazione Civile Terza Sezione con sentenza n. 8680 del 4 aprile 2017 (clicca qui per leggerla sul sito della Corte) ha chiarito che l’art 69 bis della legge fallimentare non si applica alle azioni revocatorie ordinarie esperite dal curatore fallimentare che restano disciplinate dagli art. 2901 e ss del codice civile.

Il passo più significativo della motivazione é il seguente:

“L’articolo 66 I.fall., rubricato – già significativamente, per la qualifica dell’azione – come “Azione revocatoria ordinaria”, al primo comma recita: “Il curatore può domandare che siano dichiarati inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le norme del codice civile”. L’immediata qualificazione di ordinarietà della revocatoria e il riferimento esplicito alle “norme del codice civile” – id est agli articoli 2901-2904 c.c. – come norme regolatrici dell’azione esercitabile o proseguibile dal curatore fallimentare confluiscono appunto in una letterale chiarezza, nel senso che il fatto che l’azione sia esercitata o proseguita per subentro dal curatore della procedura concorsuale per nulla la depriva della sua sostanza ordinaria, ma al contrario inequivocamente gliela mantiene: e la ratio non è difficile percepirla nell’intento del legislatore di non far venir meno, per la dichiarazione di fallimento, uno strumento di tutela che, pur presentando anche comunanze ontologiche e teleologiche con la revocatoria fallimentare, non coincide in toto con quest’ultima. Onde è del tutto logico stabilire che una situazione in cui i creditori vengono a trovarsi per la insolvenza del debitore non possa riflettersi su di loro, cui tale situazione non è minimamente imputabile, come deminutio della salvaguardia della loro posizione giuridica sostanziale: strumenti nuovi quindi si aggiungono, senza che le originarie tutele si dileguino. L’azione revocatoria ordinaria viene allora menzionata nella legge fallimentare, all’articolo 66, per rendere indiscutibile la legittimazione del curatore fallimentare non solo a subentrare nel processo già instaurato dal singolo creditore che l’ha esercitata, ma altresì a esercitarla egli stesso, quale giuridica ipostasi di tutto il ceto creditorio, sulla quale si sono convogliati tutti i diritti processuali, ovvero strumenti di tutela, antecedentemente spettanti ai creditori uti singuli. E se questo è il significato del riferimento nella legge fallimentare all’azione revocatoria ordinaria, non può non condurre ad escludere che l’azione revocatoria ordinaria subisca alcuna modifica nella sua struttura processuale e nel sotteso diritto sostanziale diversa dall’appena evidenziata translatio della legittimazione in capo al curatore della procedura concorsuale (con correlata competenza funzionale del tribunale fallimentare) in cui si sono coagulati i diritti dei singoli, quale logica conseguenza del pregiudizio che dall’insolvenza si sprigiona in danno dell’intera massa creditoria (cfr. S.U. 17 dicembre 2008 n. 29420, in motivazione). Esplicito in tale senso è proprio l’articolo 66, laddove ne ribadisce la natura ordinaria non solo nella rubrica, ma proprio nella conclusione del precetto, imponendo che l’azione sia esercitata “secondo le norme del codice civile”. Ma se è “secondo le norme del codice civile” che deve compiersi il suo esercizio, ciò logicamente esclude che la disciplina dell’azione sia dettata dalla legge fallimentare: il che trova ulteriore riscontro, come condivisibilmente si argomenta nel motivo in esame, proprio nella norma che, secondo il Tribunale, fonda il rigetto che ha pronunciato, ovvero nell’articolo 69 bis I.fall.”.

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