Che succede se la notifica la fa’ un Ufficiale Giudiziario incompetente territorialmente?

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Quasi nulla.

Questa è la risposta che viene spontanea leggendo la recentissima sentenza delle Sezioni Unite Civili della Cassazione.

È la sentenza n. 17533 del 4/7/2018: clicca qui per leggere la motivazione sul sito della Corte di Cassazione.

In merito alla notifica di UNEP incompetente la Seconda Sezione ha chiesto di stabilire, anche tenendo conto della recente sentenza delle Sezioni Unite 20 luglio 2016, n. 14916: a) se una simile notifica possa dare luogo ad una semplice irregolarità come affermato da tempo dalla giurisprudenza amministrativa; b) se, comunque, anche a voler considerare l’incompetenza dell’ufficiale giudiziario produttiva, per derivazione, di nullità della notificazione, la sanatoria per raggiungimento dello scopo si possa considerare avvenuta per effetto della consegna dell’atto – cui segua indifferentemente la costituzione in giudizio o la contumacia – e non per effetto della sola costituzione in giudizio.

Dopo un excursus sulla normativa di settore e degli orientamenti giurisprudenziali la Corte rileva che, in sintesi, può dirsi che la giurisprudenza – a parte il regime della sanatoria, sul quale comunque si registrano importanti aperture – si è sviluppata in modo del tutto conforme al principio affermato da Cass. SU 20 luglio 2016, n. 14916, secondo cui un elemento costitutivo essenziale idoneo a rendere un atto qualificabile come notificazione – la cui mancanza determina l’inesistenza della notifica – è rappresentato dallo svolgimento dell’attività di notificazione da parte di un soggetto qualificato dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato. Infatti, la notifica effettuata dall’ufficiale giudiziario senza rispettare le norme che definiscono, anche con riferimento alle notifiche a mezzo posta, i criteri di ripartizione territoriale per l’esecuzione delle notifiche tra i vari uffici cui sono addetti gli ufficiali giudiziari in genere è stata considerata nulla perché eseguita in violazione delle norme relative alla “competenza territoriale” o “funzionale” dell’organo notificante, rientranti tra le tassative prescrizioni del procedimento di notificazione, visto che in casi minoritari si è parlato al riguardo di “carenza di potere” ma sempre in termini di nullità e non di inesistenza della notifica (Cass. 7 giugno 2013, n. 14495).

È diversa la posizione assunta dalla giurisprudenza amministrativa da molto tempo (vedi: Cons. Stato. Ad. Plen. 26 marzo 1982, n. 4 e giurisprudenza successiva conforme), la quale muove dalla premessa che gli artt. 106 e 107 del d.P.R, n. 1229 del 1959 non regolano la “competenza” territoriale degli ufficiali giudiziari, ma la ripartizione delle relative attribuzioni, in ragione, tra l’altro, della circostanza che all’epoca gli ufficiali giudiziari erano retribuiti in funzione del numero di atti compiuti.

Il Collegio ritiene che il suindicato indirizzo – che considera affetta da nullità la notifica eseguita da ufficiale giudiziario eccedendo i limiti delle proprie attribuzioni territoriali – vada approfondito nelle sue premesse e nei suoi effetti e vada quindi superato, anche alla luce degli sviluppi della giurisprudenza di legittimità più recente, nella quale viene data ampia applicazione ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, a partire da Cass. SU 20 luglio 2016, n. 14916.

Quanto alle premesse come si è già detto e come risulta anche da Cons. Stato. Ad. Plen. 26 marzo 1982, n. 4 la tesi della nullità della notifica eseguita da ufficiale giudiziario eccedendo i limiti delle proprie attribuzioni territoriali ha la sua radice in una risalente dottrina, secondo la quale il legislatore si era “dimenticato” di inserire tale ipotesi tra le nullità e che essa era da configurare come effettuazione di un atto in difetto di “competenza funzionale ” dell’ufficiale giudiziario, antecedente rispetto a quelli contemplati nell’art. 160 cod. proc. civ., ma da disciplinare ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ. In tutta la copiosa giurisprudenza della Corte successiva non si rinviene alcun approfondimento specifico al riguardo, né nel corso degli anni si registrano modifiche derivanti dalle molteplici innovazioni in materia di notifiche e di disciplina del rapporto di lavoro del personale addetto agli UNEP ivi compreso il relativo trattamento retributivo.

Ebbene, a distanza di tanti anni dall’emanazione degli artt. 106 e 107 del d.P.R. n. 1229 del 1959 risulta oggi del tutto evidente l’errore di prospettiva della suindicata dottrina oltre che, a questo punto, la contrarietà dei relativi effetti ai principi del giusto processo. L’errore di prospettiva è fondato su diversi elementi: a) se, come sostenuto dalla suddetta dottrina, l’ipotizzata nullità è un vizio “logicamente precedente” rispetto a quelli previsti nell’art.160 cod. proc. civ. difficilmente esso può essere configurato come vizio “processuale”, in quanto esso, anche nell’indicata prospettiva, più che incidere sul processo – ai cui fini è sufficiente che sia garantita la consegna al destinatario con modalità idonee ad assicurarne la conoscibilità dell’atto – riguarderebbe la “competenza” dell’ufficiale giudiziario nell’ambito del procedimento notificatorio; b) ma, come rilevato dalla giurisprudenza amministrativa, né gli artt. 106 e 107 cit. né altre norme della materia fanno riferimento, al riguardo, al concetto di “competenza” dell’ufficiale giudiziario, in quanto si limitano a parlare di ripartizione delle attribuzioni tra ufficiali giudiziari e quindi dei relativi compiti, la cui mancata consapevole violazione è considerata valutabile dal punto di vista disciplinare (vedi art. 63, lett. h, del d.P.R. n. 1229 del 1959 nonché art. 55 d.lgs. n. 165 del 2001); c) infatti, è significativo che gli artt. 106 e 107 d.P.R. n. 1229 del 1959 non prevedano alcuna nullità per la notifica effettuata senza il rispetto della suddetta ripartizione; d) ne consegue che appare improprio fare riferimento alla categoria della “competenza” funzionale o territoriale degli ufficiali giudiziari quando la rispettiva normativa non lo fa e soprattutto al fine di desumerne la produzione di effetti sul processo; e) a tale ultimo riguardo va sottolineato che, poiché non si può mettere in dubbio che la notifica effettuata dall’ufficiale giudiziario extra districtum è del tutto idonea a raggiungere il suo scopo, la configurazione di una nullità di tipo processuale (sia pure sanabile) al di fuori delle ipotesi contemplate dall’art. 160 cod. proc. civ. non può neppure rientrare nell’ambito applicativo dell’art. 156 cod. proc. civ., nel silenzio sia delle norme del codice che disciplinano le modalità di effettuazione delle notifiche sia del d.P.R. n. 1229 del 1959 e della normativa ad esso collegata; f) sicuramente più esatto è fare riferimento ai “limiti territoriali delle attribuzioni” degli ufficiali giudiziari e questo consente di andare più agevolmente alla ratio di tali limiti che è da rinvenire nella necessità di distribuire il lavoro tra i vari uffici con la finalità di un’equa ripartizione degli introiti che, all’epoca, formavano la retribuzione, prettamente proventistica, degli ufficiali giudiziari; g) tale ragione oggi è anche venuta meno perché con la privatizzazione del pubblico impiego la disciplina del rapporto di lavoro e della responsabilità disciplinare gli ufficiali giudiziari e assimilati – quali impiegati dello Stato inseriti nel Comparto Ministeri ai fini della contrattazione collettiva – non è più compresa nella normativa “particolare”, prevista dal d.P.R. n. 1229 del 1959, essendo dettata dal d.lgs. n. 165 del 2001 e dalla contrattazione collettiva di settore – a partire dal primo CCNL Comparto Ministeri, entrato in vigore il 16 maggio 1995, – con applicazione di un complesso metodo retributivo che può ritenersi assimilabile al trattamento stipendiale degli impiegati statali e che non è più legato ai proventi riscossi per le notifiche come lo era un tempo (Cass. SU 25 luglio 2006, n. 16895; Cass. 28 settembre 2006, n. 21032).

Tutte le anzidette osservazioni non possono che portare all’accoglimento della soluzione secondo cui la violazione delle norme di cui agli artt. 106 e 107 d. P.R. n. 1229 del 1959 costituisce una semplice irregolarità del comportamento del notificante (eventualmente sanzionabile disciplinarmente o ad altro titolo, se ne ricorrono i presupposti) la quale non solo è di per sé del tutto ininfluente sulla validità del procedimento notificatorio (visto che per la ripartizione delle attribuzioni tra gli ufficiali giudiziari la relativa disciplina non fa riferimento alla nozione di “competenza” territoriale) ma non produce alcun effetto ai fini processuali e quindi non può essere configurata come causa di nullità della notificazione.

Tale soluzione è conforme non solo al principio di tassatività delle nullità processuali (art. 156 cod. proc. civ.), ma anche ai principi del giusto processo di cui all’art. 111, secondo comma, Cost. che, in coerenza con l’art. 6 CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, comporta l’attribuzione di una maggiore rilevanza allo scopo del processo – costituito dalla tendente finalizzazione ad una decisione di merito – che impone di discostarsi da interpretazioni suscettibili di ledere il diritto di difesa della parte o che, comunque, risultino ispirate ad un eccessivo formalismo (vedi, fra le tante, Corte EDU: sentenze B’éle e altri c. Repubblica ceca, 12 novembre 2002 – § 62; Viard c. Francia, 9 gennaio 2014 – § 38; Kemp e altri c. Lussemburgo, 24 aprile 2008 – § 53; Trevisanato c. Italia, 15 settembre 2016 – § 45). 16. Dal punto di vista sistematico la suindicata soluzione, oltre ad avere il pregio di essere uguale a quella applicata dalla prevalente giurisprudenza amministrativa – con conseguente semplificazione del sistema complessivo – è anche in linea con le profonde evoluzioni che si sono avute in materia di notificazioni, contraddistinte dalla perdita di rilievo del “requisito territoriale” del notificante, come evidenziato anche nella presente ordinanza di rimessione. Ciò si verifica, infatti, sia nel ricorso alle piattaforme telematiche collegate ad anagrafe elettronica obbligatoria (che è in espansione), sia nella crescente diffusione delle notifiche a mezzo posta (legge n. 890 del 1982) e di quelle eseguite in proprio dagli avvocati (legge n. 53 del 1994), ora anche mediante PEC (Posta Elettronica Certificata). Lo stesso accade anche in ambito UE sia con riguardo al titolo esecutivo europeo (Cass. 22 maggio 2015, n. 10543) sia per quel che si riferisce al riconoscimento, ai sensi del regolamento 13 novembre 2007, n. 1393/2007/CE, di una competenza generalizzata agli organi mittenti (per l’Italia: gli UNEP costituiti presso le Corti d’appello o presso i Tribunali che non siano sede di Corti d’appello) in relazione a tutti gli atti da notificare negli Stati membri dell’Unione, senza limiti territoriali.

Per tutte le anzidette ragioni la Corte ritiene che il motivo di ricorso deve essere respinto e per la soluzione delle questioni di massima di particolare importanza prospettate nell’ordinanza interlocutoria va affermato il seguente principio di diritto: “in tema di notificazione, la violazione delle norme di cui agli artt. 106 e 107 d.P.R. n. 1229 del 1959 costituisce una semplice irregolarità del comportamento del notificante la quale non produce alcun effetto ai fini processuali e quindi non può essere configurata come causa di nullità della notificazione. In particolare, la suddetta irregolarità, nascendo dalla violazione di norme di organizzazione del servizio svolto dagli ufficiali giudiziari non incide sull’idoneità della notificazione a rispondere alla propria funzione nell’ambito del processo e può, eventualmente, rilevare soltanto ai fini della responsabilità disciplinare o di altro tipo del singolo ufficiale giudiziario che ha eseguito la notificazione”.

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