E se la notifica la fa un Ufficiale giudiziario incompetente per territorio che succede?

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La Seconda sezione Civile della Cassazione ha trasmesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sez. U della questione di massima di particolare importanza se la notifica effettuata da un ufficiale giudiziario territorialmente incompetente, alla stregua degli artt. 106 e 107 del d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, debba ritenersi inesistente, nulla o semplicemente irregolare.

Trattasi dell’ordinanza n. 179 dell’8.1.2018: clicca qui per la MOTIVAZIONE .

Nella motivazione si legge che va tenuto conto che ai sensi degli artt. 106 e 107 del d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229 l’ufficiale giudiziario è competente a notificare atti del proprio ministero a persone residenti, dimoranti o domiciliate nella sua circoscrizione, mentre può eseguire nei confronti di soggetti con riferimento territoriale altrove, per mezzo del servizio postale, soltanto le notificazioni degli atti relativi a procedimenti che siano o possano essere di competenza dell’autorità giudiziaria della sede cui è addetto.

Da tale disciplina la giurisprudenza civile consolidata del plesso giurisdizionale ordinario ha fatto tradizionalmente discendere che l’incompetenza per territorio dell’ufficiale giudiziario procedente costituisca motivo di nullità della notificazione, al di là delle ipotesi previste dall’art. 160 cod. proc. civ., in forza del generale principio di invalidità dell’atto compiuto dal funzionario pubblico in assenza di potere (cfr. a puro titolo esemplificativo, nell’ambito di un indirizzo che è assai più risalente, Cass. n. 19834 del 19/09/2014, n. 14355 del 06/06/2013, n. 19352 del 21/08/2013, n. 15372 del 06/07/2006 nonché Cass. sez. U. n. 6217 23/03/2005).

Ad avviso della giurisprudenza richiamata, peraltro, non si verterebbe in un’ipotesi di inesistenza — quale ricorrerebbe nel caso di atto totalmente esorbitante i poteri del funzionario procedente- bensì di nullità sanabile (v. da ultimo Cass. n. 22995 del 29/10/2014), ove l’atto abbia raggiunto il suo scopo mediante la costituzione della parte (essendo non considerato raggiungimento dello scopo la mera consegna), dovendo in caso contrario il giudice disporre la rinnovazione della notifica ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ. (e, in argomento, salve le considerazioni che si svolgeranno infra circa il possibile portato di Cass. sez. U 20/07/2016 n. 14916, giova però precisare che in casi consimili la stessa giurisprudenza civile è addivenuta a ipotizzare l’inesistenza dell’atto notificatorio, tema su cui si tornerà — cfr. ad es. Cass. n. 6095 del 21/03/2005 in tema di notifica d’atti relativi ai procedimenti di competenza del giudite di pace ai sensi dell’art. 11 bis del d.l. n. 571 del 1994, convertito in legge n. 673 del 1994, da parte dei “messi del giudice di pace” [già “uscieri di conciliazione” a norma dell’art. 175, ultimo comma, dell’allegato n. 1 al r.d. n. 2271 del 1924], se operanti al di fuori degli affari di competenza del conciliatore nel territorio).

Ciò posto, giova rilevare che l’applicazione dell’indirizzo tradizionale al caso in esame, sollecitata dal primo motivo di ricorso, non produrrebbe probabilmente esiti minimali sul procedimento: nell’esame del motivo, è ipotizzabile che debba affermarsi che, non essendosi nella specie prodotto alcun effetto sanante nel senso poc’anzi ricordato, il giudice d’appello avrebbe dovuto ritenere la nullità della notificazione e, non potendo più ordinarne la rinnovazione (quale esito ordinario nel giudizio in cui la nullità si è verificata: cfr. ad es. Cass. n. 22113 del 29/10/2015 e n. 9233 del 12/07/2000), avrebbe dovuto dichiarare la nullità della sentenza impugnata e, in applicazione dell’art. 354 cod. proc. civ., rimettere la causa al primo giudice (cfr. ad es. Cass. n. 20757 del 01/10/2014 e n. 18081 del 08/09/2004); in altri termini, ove debba confermarsi l’indirizzo interpretativo tradizionale, potrebbe nel caso in esame seguire la cassazione con rinvio mediante la dichiarazione di nullità dei giudizi di merito e delle sentenze che li hanno conclusi, con rinnessione della causa al giudice di primo grado, con evidente impatto sulla durata del processo.

A prescindere da quanto innanzi, le implicazioni del principio tradizionale sono numerose: si pensi, ad es., al fatto che si è ritenuto che la nullità della notificazione della sentenza eseguita da ufficiale giudiziario incompetente precludesse il decorso del termine breve di impugnazione (Cass. n. 10988 del 18/05/2011 e sez. U n. 51 del 12/02/1999) e che il pignoramento dallo stesso notificato potesse essere impugnato per nullità (con l’opposizione agli atti esecutivi secondo Cass. n. 5583 del 09/04/2003; contra invece, per il precetto, Cass. n. 1928 del 25/02/1994).

Sul tema giuridico di cui trattasi, il collegio d’appello toscano, ( «andando di contrario avviso» rispetto all’indirizzo consolidato, ha osservato (pp. 4-5 della sentenza impugnata):- che le cause di nullità sono quelle previste dalla legge (art. 156 cod. proc. civ.) e, in particolare, le nullità delle notificazioni sarebbero solo quelle previste dall’art. 160 cod. proc. civ. (con tale richiamo in qualche modo anticipando la rilettura del sistema delle nullità delle notificazioni operata da” Cass. sez. U 20/07/2016 n. 14916, su cui in appresso); – che le norme del d.p.r. n. 1229 del 1959 che regolano la competenza degli ufficiali giudiziari avrebbero mero carattere organizzativo, per cui dalla loro violazione dovrebbero discendere conseguenze disciplinari o risarcitorie, ma non l’invalidità dell’atto compiuto; – che, nel caso di specie, comunque, essendosi la notificazione realizzata a mezzo posta, sarebbe stato l’agente postale a certificare la consegna del plico, con atto che potrebbe ben essere considerato valido a prescindere da quello, meramente preparatorio, dell’ufficiale giudiziario territorialmente incompetente che ne ha richiesto l’invio; – che a ogni buon conto, anche a voler ritenere l’incompetenza dell’ufficiale giudiziario produttiva, per derivazione, di nullità della notificazione, la sanatoria per raggiungimento dello scopo si dovrebbe considerare avvenuta per effetto della consegna (cui segua indifferentemente la costituzione in giudizio o la contumacia), e non per effetto della sola costituzione in giudizio (come invece ritenuto dalla giurisprudenza consolidata).

Con le proprie conclusioni scritte l’avvocato generale presso questa corte ha ritenuto «plausibili» gli argomenti prospettati nella sentenza, richiamando talune incongruenze della visione tradizionale (tra le quali l’estensione della nozione di incompetenza funzionale, prevista per il giudice, a quella che è una incompetenza territoriale di soggetto diverso; nonché l’individuazione della conseguenza dell’incompetenza funzionale (se sussistente), contraddittoriamente, nella nullità sanabile invece che – come già detto – nell’inesistenza), condividendo comunque la non ipotizzabilità del permanere di una nullità dopo il raggiungimento dello scopo (individuato anche in questo caso nella consegna e non nella costituzione in giudizio), nonché auspicando la rimessione alle sezioni unite per la revisione dell’indirizzo tradizionale in una• interpretazione del quadro normativo costituzionalmente orientata e ispirata alla giurisprudenza della c.e.d.u. 8. Nell’ambito del plesso giurisdizionale amministrativo – ciò cui fa un cenno la motivazione della sentenza impugnata – l’indirizzo ermeneutico prevalente è di segno opposto a quello della giurisprudenza civile.

In termini generali, il riferimento giurisprudenziale principale è tuttora operato a Cons. St., ad. plen., n. 4 del 23/02/1982, laddove il consesso giurisdizionale amministrativo ebbe a rilevare che: – le norme regolanti la c.d. competenza degli ufficiali giudiziari, più correttamente da qualificarsi come regolanti la “ripartizione di attribuzioni” degli ufficiali stessi, trovano applicazione anche nel processo amministrativo, le cui parti debbono avvalersi dell’opera di ufficiali giudiziari nel rispetto delle regole contenute nel d.p.r. 15/12/1959, n. 1229 cit. e, in particolare, degli artt. 106 e 107, che identificano l’ufficiale giudiziario “del luogo in cui la notifica deve essere eseguita o dell’autorità giudiziaria che conosce dell’affare cui si riferisce l’atto da notificare”; – ciononostante, alla luce del principio generale di tassatività delle nullità processuali ricavabile dall’articolo 156 del cod. proc. civ., l’effettuazione di notifica dall’ufficiale giudiziario incompetente per territorio, in genere per mezzo dell’invio per posta, non è affetta da autonoma nullità, posto che, in vicende del tipo considerato, tra notificazione posta in essere da ufficiale giudiziario competente e ufficiale giudiziario addetto ad altro ufficio esiste l’unica differenza costituita dall’identità del mittente del plico raccomandato, mentre la notifica viene completata dall’ufficio postale del luogo di residenza dell’intimato: “la differenza esistente in concreto appare troppo tenue per poter fondare l’affermazione di difetto di elemento indispensabile al raggiungimento dello scopo”.

All’orientamento interpretativo della giurisdizione amministrativa, a quanto consta estesosi in generale anche alle notificazioni non effettuate a mezzo del servizio postale, non è però estranea la considerazione delle norme disciplinanti il processo amministrativo: così, da un lato, si è rilevato che l’art 8 del regolamento di procedura di cui al r.d. 17 agosto 1907, n. 642, allora vigente, stabiliva che la notificazione dei ricorsi «si eseguisce per mezzo di ufficiale giudiziario o di messo comunale», senza distinguere l’autorità cui costoro fossero addetti; d’altro lato, oggi viene in considerazione l’art. 39 del cod. proc. ammin. che, sotto la rubrica “rinvio esterno”, al secondo comma dispone che “le notificazioni degli atti del processo amministrativo sono comunque disciplinate dal codice di procedura civile e dalle leggi speciali concernenti la notificazione degli atti giudiziari in materia civile”, dizione quest’ultima secondo alcuni ricomprendente le sole norme in materia di notificazioni a mezzo pósta, notificazioni a cura degli avvocati e simili, secondo altri anche le norme in tema di riparto di attribuzioni degli ufficiali giudiziari.

L’approdo ermeneutico prevalente della giurisprudenza amministrativa, comunque, sulla base del dictum di Cons. St., ad. plen., n. 4 del 23/02/1982, è nel senso che l’eventuale violazione della norme sul riparto dei compiti tra ufficiali giudiziari non costituisce – stante il principio della tipicità delle nullità processuali – ragione di nullità della notificazione del ricorso, ma una mera irregolarità, solo fonte di eventuale responsabilità disciplinare del l’organo notificante (Cons. St., IV, n. 8072 del 14/12/2004; V, n. 3757 del 07/07/2005, oltre a copiosa giurisprudenza dei t.a.r. per i quali v. ad es. Emilia Romagna, I, n. 130 del 17/02/2012).

A detto orientamento prevalente si oppone indirizzo, soprattutto di scaturigine regionale siciliana ma includente pronuncia del C.g.a. in sede giurisd., secondo il quale – nell’ambito di un ipotizzato richiamo degli artt. 106 e 107 del d.p.r. n. 1229 del 1959 dagli artt. 3 e ss. del regolamento di procedura di cui al r.d. n. 642 del 1907 (ratione temporis vigente) – i ricorsi giurisdizionali amministrativi potrebbero essere notificati dagli ufficiali giudiziari solo nell’ambito del mandamento in cui ha sede l’ufficio al quale essi sono addetti, mentre la notificazione (a mezzo posta) al di fuori di tale mandamento dovrebbe essere effettuata soltanto dagli ufficiali giudiziari aventi sede nella città in cui ha sede l’adito organo di giustizia amministrativa; con conseguente asserita inammissibilità del ricorso notificatd a mezzo posta dall’ufficiale giudiziario il cui ufficio non si trovi nella stessa città del t.a.r.. adito (C.g.a. in sede giurisd., n. 399 dell’11/05/2009 [che richiama la giurisprudenza civile e pronuncia del Cons. St. antecedente il 1982]; t.a.r. Palermo, III, n. 8974 del 27/07/2010 [che espressamente dichiara di attenersi alla giurisprudenza del “giudice del ripartol, n. 1339 del 19/6/2013 e n. 1338 dell’11/7/2011, oltre altre). ***

Così ripercorso in sintesi lo stato dell’elaborazione giurisprudenziale, talune osservazioni di questo collegio possono prendere le mosse dalla considerazione del tenore degli artt. 106 e 107 del più volte richiamato d.p.r. 15 dicembre 1959, n. 1229, recante “Ordinamento degli ufficiali giudiziari”, aggiornato con il d.l. n. 132 del 2014 conv. in I. n. 162 del 2014. Dette disposizioni limitative (art. 106: “L’ufficiale giudiziario compie con attribuzione esclusiva gli atti del proprio ministero nell’ambito del mandamento ove ha sede l’ufficio al quale è addetto, salvo quanto disposto dal secondo comma dell’articolo seguente”; art. 107 secondo comma: “Tutti gli ufficiali giudiziari possono eseguire, a mezzo del servizio postale, senza limitazioni territoriali, la notificazione degli atti relativi ad affari di competenza delle autorità giudiziarie della sede alla quale sono addetti …”) sono significativamente inserite nell’ambito del titolo II della disciplina (rubricato “Servizi degli ufficiali giudiziari e trattamento economico”) e, precisamente, nel capo I di detto titolo (rubricato “Obblighi, attribuzioni, competenza”).

La valenza delle norme di riparto territoriale delle attribuzioni balza chiara ove si consideri che il riparto stesso è strettamente legato alla struttura retributiva degli ufficiali giudiziari che, a norma degli artt. 122 ss. del r.d. cit., sono compensati mediante proventi costituiti dai diritti che sono autorizzati ad esigere, secondo le disposizioni dell’ordinamento, oltre che con percentuali su recuperi, vendite e altre attività. Significativamente (se, come si ritiene, la sedes materiae fornisce ausilio interpretativo) la disciplina sui proventi è contenuta al capo III (“Retribuzione, percentuale, indennità”) del medesimo titolo dinanzi menzionato, dedicato unitariamente all’organizzazione e al trattamento economico. Se, infatti, la struttura retributiva è strettamente correlata all’attività svolta, è comprensibile che la legge si sforzi di collegare (almeno, nelle logiche dell’epoca di redazione della disciplina) in maniera obiettiva le attività a un territorio e, quindi, a predeterminare in tal modo un’equa distribuzione di compensi a tutti gli ufficiali giudiziari.

Confermativa di quanto innanzi è altresì la severa disposizione dell’art. 63, secondo comma lett. h), del r.d. in base alla quale la grave sanzione disciplinare della sospensione dal servizio è inflitta agli ufficiali giudiziari, tra l’altro, «per avere scientemente ecceduto i limiti delle proprie attribuzioni».

Il passaggio in chiave ermeneutica dalla considerazione di una norma in materia di ambito spaziale di attribuzioni di un pubblico ufficiale all’affermazione della nullità degli atti compiuti fuori da tale ambito spaziale ha antecedenti remotissimi nell’ordinamento (Dig. 1.12.3, Ulp. 2 ad ed.: Praefectus urbi cum terminos urbis exierit, potestatem non habet).

Limitando la visuale agli atti dei pubblici ufficiali con funzioni certificative, può considerarsi che, a differenza del caso in esame, espressamente l’art. 58 della legge not. n. 89 del 1913 sanziona di nullità – salva la conversione dell’art. 2701 cod. civ. (già 1316 cod. civ. 1865) – l’atto posto in essere dal notaio in violazione dell’articolo 27 secondo comma, che a sua volta prescrive che il notaio non può esercitare il suo ministero fuori del distretto della corte d’appello in cui è ubicata la sua sede.

Investito da dubbi della sezione semplice circa la validità o meno di attività certificativa esercitata da pubblici ufficiali ultra vires (nella specie, giudice di pace autenticante extraterritorialmente sottoscrizioni di liste elettorali), Cons. St. Ad. plen. n. 22 del 9/10/2013 ha confermato il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui i pubblici ufficiali, ai quali la legge elettorale conferisce il potere di autenticare le sottoscrizioni delle liste di candidati, siano legittimai ad esercitare il potere certificativo esclusivamente nel territorio di competenza dell’ufficio di cui sono titolari o al quale appartengono, con conseguenze invalidanti delle autenticazioni e, indirettamente, della idonea presentazione delle liste. In tale ambito, indubbiamente distante da quello in esame, l’adunanza plenaria ha svolto rilievi utili per una unitaria considerazione dei fenomeni affini: – l’individuazione dei soggetti, ai quali la legge conferisce la pubblica funzione certificativa, propria dell’atto pubblico (art. 2699 cod. civ.), implicherebbe un rinvio (probabilmente, implicito) allo statuto proprio delle singole figure di pubblici ufficiali, e dunque anche ai limiti territoriali, entro i quali i medesimi esercitano, in via ordinaria, le proprie funzioni; – i limiti alla competenza territoriale dell’ufficio di appartenenza integrerebbero, dunque, un elemento costitutivo della fattispecie autorizzatoria; – l’art. 2699 cod. civ. – secondo cui «l’atto pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato» – stabilirebbe un preciso nesso di collegamento tra competenza territoriale del pubblico ufficiale e luogo di esercizio del potere; – il successivo art. 2701 cod. civ. (sopra evocato in tema di nullità di atto notarile), prevedendo espressamente che il documento formato da pubblico ufficiale «incompetente o incapace» non abbia l’efficacia di fede privilegiata di atto Pubblico, salva la conversione in scrittura privata, confermerebbe il quadro anzidetto. 10.3. Considerando, poi, l’atto notificatorio nel quadro della legge di ordinamento di cui al più volte menzionato d.p.r. 15 dicembre 1959, n. 1229, ai cui artt. 106 e 107 è ipotizzato un rinvio anche ad opera della disciplina processualcivilistica, non potrebbe tacersi che nella parallela disciplina del provvedimento amministrativo (della cui natura l’atto processuale partecipa, stante l’ipotizzato rinvio) gli artt. 21-septies e 21-octies della legge n. 241 del 1990 hanno chiarito, da un lato, essere fortemente limitata la categoria della nullità (ristretta al difetto assoluto di attribuzione dall’art. 21- septies) e, dall’altro, essere ricondotta l’incompetenza all’annullabilità – sanabile – dell’atto.Ritornando al tema principale, relativo all’impatto processualcivilistico dell’esercizio ultra vires di attività dell’ufficiale giudiziario, una rivalutazione delle questioni come innanzi suscitate non potrebbe prescindere dal novum recato, in tema di validità delle notificazioni, da Cass. sez. U n. 14916 del 20/07/2016. Con tale pronuncia sono stati recentemente ridefiniti, in senso restrittivo, i confini della categoria dell’inesistenza della notificazione, che è stata ritenuta «configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità>. La sentenza nomofilattica si è preoccupata, anche nell’ambito della formulazione del principio di diritto, di identificare gli “elementi costitutivi essenziali” e, individuate le due componenti dell’attività notificatoria nella trasmissione e nella consegna, quanto alla prima le sezioni unite hanno determinato quale elemento essenziale una «attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato».

Riprendendo tale principio di diritto le categorie tradizionali, contemperate anche con un rilievo attribuito alla riconoscibilità, resta da determinare, all’atto pratico, cum terminos urbis exierit, se si debba ritenere esistente la potestas dell’ufficiale giudiziario operante fuori dal territorio assegnatogli. Ove ciò non si dovesse ritenere, addirittura il novum delle sezioni unite potrebbe condurre a sanzionare di inesistenza l’atto che, finora, per quanto detto, è qualificato meramente nullo.

A fronte di tale spettro interpretativo, si pone quello opposto, di cui si fa portatrice la sentenza impugnata e che, come detto, è stato ritenuto “plausibile” dall’avvocato generale presso questa corte.

Militano nel senso di poter considerare la situazione descritta quale mera irregolarità, anche sul versante processualcivilistico, anzitutto le osservazioni della corte territoriale (supra sub § 6) e gli approdi cui è già pervenuta la giurisprudenza amministrativa (supra sub § 8 – 8.3).In secondo luogo, non può non tenersi conto che il sistema delle notificazioni ha conosciuto, negli anni, profonde evoluzioni suscettibili di relegare, nel prossimo futuro, la funzione notificatoria espletata dagli ufficiali giudiziari a rara eccezione rispetto alla regola costituita da notificazioni effettuate tramite piattaforme telematiche collegate ad anagrafe elettronica obbligatoria; già attualmente, con eccezione per l’atto introduttivo, il processo civile telematico vede frequenti notificazioni mediante (23 posta elettronica certificata. In tale quadro, com’è ovvio, perde di importanza del tutto il dato territoriale (cfr., per analogia, tra le varie, Cass. n. 17048 del 11/07/2017 che, a fronte dell’indicazione in atti del domicilio digitale e della possibilità di inviarvi PEC, ha svalutato l’omessa elezione di domicilio nel comune, caso nel qUale si procedeva a notifiche in cancelleria).

Si è assistito altresì alla perdita-di centralità della notifica, pur tradizionale, posta in essere dall’ufficiale giudiziario. Dopo la I. 20/11/1982, n. 890, che ha ampliato la possibilità per l’ufficiale giudiziario di procedere a mezzo posta (e, quindi, in futuro, mediante piattaforme telematiche), il nuovo tipo di notificazione degli atti civili, amministrativi e stragiudiziali delineato dalla I. 21 gennaio 1994, n. 53 (che si è affiancato alle forme tradizionali di notificazione) si è basato sul coinvolgimento della figura del difensore, abilitato quale organo notificatore e – ciò che qui rileva – senza limiti di competenza territoriale (cfr. Cass n. 1938 del 19/02/2000, n. 10077 del 25/06/2003 e n. 12290 del 15/06/2016). In alcuni processi speciali – e massimamènte in ambito tributario – le parti sono state poi abilitate dalla legge a procedere direttamente alla notifica mediante consegna o mediante posta (con evoluzione verso la PEC). Numerose sono poi le semplificazioni, anche in tema di notifica diretta, apportate dal diritto unionale (cfr. ad es., per cenni, Cass. n. 10543 del 22/05/2015 in tema di titolo esecutivo europeo). Quanto alle prassi comparate tra gli stati membri, il “rapporto finale” del 05/10/2016 relativo allo “Studio sulla notificazione dei documenti. Analisi giuridica comparata delle gislazioni e prassi rilevanti degli stati z2e4) 1.) membri”, pp. 31-32, evidenzia come solo in quattro stati membri, oltre altri due in senso dubbio, la violazione della competenza territoriale dell’organo notificante conduca all’invalidità dell’atto, essendo l’Italia inclusa tra i paesi ove è possibile la sanatoria – http://ec.europa.eu/justice/civil/files/studies/service docs en.pdf.

Agli ufficiali giudiziari deve inoltre ritenersi essere stata attribuita competenza generalizzata in relazione agli atti da notificarsi negli stati membri dell’unione europea. L’art. 2 (sotto la rubrica “organi mittenti e riceventi”) del reg. (CE) n. 1393/2007 del 13 novembre 2007 (c.d. regolamento «notificazione o comunicazione degli atti», che ha abrogato il precedente reg. (CE) n. 1348/2000) prevede infatti che “ciascuno stato membro designa i pubblici ufficiali, le autorità o altri soggetti, di seguito denominati «organi mittenti», competenti per trasmettere gli atti giudiziari o extragiudiziali che devono essere notificati o comunicati in un altro stato membro”. In tal senso, come risulta dalla g.u. e dal portale europeo della giustizia civile (https://e- iustice.europa.eu/cdbCompetentAuthPrint.do?clang=it&articleConte ntId=-1&articleId=68&taxonomvId=373&msId=15), l’Italia ha designato come competenti quali “organi mittenti” gli “uffici unici degli ufficiali giudiziari costituiti presso le corti di appello” e gli “uffici unici degli ufficiali giudiziari costituiti presso i tribunali ordinari che non siano sede di corte di appello e presso le relative sezioni distaccate”. Ne deriva – non essendo inserita in tale menzione alcuna limitazione (che, per essere idonea nei confronti degli stati membri, avrebbe dovuto essere espressa) – che tutti gli u.n.e.p. designati possono essere organi mittenti, senza alcun riguardo al collegamento con procedimenti relativi al territorio a essi riferito. Si richiama, sul punto, che l’art. 23, paragrafo 2, del reg. citato legge: “La commissione pubblica nella gazzetta ufficiale dell’Unione europea le informazioni comunicate a norma del paragrafo 1, eccetto gli indirizzi e altri estremi degli organi riceventi e mittenti e delle autorità centrali, e la rispettiva competenza territoriale”. Ai fini di una corretta . e uniforme applicazione del diritto unionale, evitando così interpretazioni difformi, in presenza delle quali sarebbe necessario rinvio pregiudiziale alla corte di giustizia dell’UE in merito all’applicazione degli artt. 2 e 23 reg. cit., in riferimento alle norme interne in tema di riparto delle attribuzioni degli ufficiali giudiziari, giova rilevare che la corte di cassazione francese (Cour de cassation – sez. 2, n. 962 del 5 giugno 2014, Packard Bell BV c. Kuehne et Nagel (13-13.765) – ECLI:FR:CCASS:2014:C200962) ha ritenuto, in riferimento al reg. previgente, ma con soluzione che viene ritenuta ancora attuale, che l’ufficiale notificatore francese, che agisca come organo mittente per trasmettere un atto giudiziario o stragiudiziale ad altro stato membro, non sia soggetto ad alcuna norma di competenza territoriale, non avendola la Francia comunicata alla commissione per gli organi mittenti, a differenza di quelli riceventi. Sul punto, dunque, deve valutarsi, quale guida per l’interprete, . anche l’impatto che diverse regole di validità delle notificazioni, se destinate all’interno o all’esterno del territorio statale, possono avere in termini di certezza delle situazioni giuridiche e di rapporti transfrontalieri. ***

In relazione a tutto quando precede, in definitiva, rileva il collegio, in conformità alle conclusioni dell’avvocato generale, che – al di là del contrasto giurisprudenziale rilevante rispetto al plesso amministrativo non ricadente nell’ambito applicativo dell’art. 374 secondo comma cod. proc. civ. – appaiono sussistere le condizioni per la rimessione degli atti al primo presidente, affinché valuti l’opportunità di assegnare la trattazione e la decisione del ricorso alle sezioni unite …….

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