Uno dei primi interventi della Cassazione Penale sulla Legge Gelli

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In tema di colpa medica, la Quarta Sezione penale della Corte di Cassazione con sentenza n. 50078 / 2017 (ud. 19/10/2017 – deposito del 31/12/2017 ) ha affermato il seguente principio di diritto: “Il secondo comma dell’art. 590-sexies cod. pen., introdotto dalla legge 8 marzo 2017, n. 24 (c.d. legge Gelli-Bianco), prevede una causa di non punibilità dell’esercente la professione sanitaria operante, ricorrendo le condizioni previste dalla disposizione normativa (rispetto delle linee guida o, in mancanza, delle buone pratiche clinico-assistenziali, adeguate alla specificità del caso), nel solo caso di imperizia, indipendentemente dal grado della colpa, essendo compatibile il rispetto delle linee guide e delle buone pratiche con la condotta imperita nell’applicazione delle stesse”.

Di seguito il link al sito della Corte per leggere la sentenza: Cass. Civ. n. 50078/2017

Questo che segue é il passo della motivazione che si occupa della Legge 8 marzo 2017 n. 24 cd. legge Gelli:

Ciò detto, il tema trattato impone di prendere in considerazione- anche se non è stato oggetto di motivo di ricorso- la nuova disciplina introdotta dall’articolo 6 della legge 8 marzo 2017, n. 24, che ha innovato la materia della responsabilità penale del medico. Da quanto sopra esposto in punto di responsabilità emerge, infatti, con chiarezza che il profilo di colpa è stato individuato nella imperizia nella concreta esecuzione dell’intervento e non nella scelta dello stesso, imperizia che aveva determinato la lesione del nervo sovra orbitario nel corso della sua esecuzione. L’art. 590 sexíes cod. pen., introdotto dall’ articolo 6 della legge citata, dedicato alla responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario stabilisce che : ” 1. Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma. Qualora l’evento si è verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.” 2. All’articolo 3 del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, il comma 1 è abrogato“. Si pone, pertanto, in questo caso, in cui si verte in tema di imperizia, il problema dell’applicabilità del novum normativo, se ritenuto più favorevole. L’eventuale non punibilità del fatto, avendo natura sostanziale, è applicabile, invero, per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore della legge 24/2017, anche ai procedimenti pendenti davanti alla Corte di cassazione e la relativa questione, in applicazione degli artt. 2, comma quarto, cod. pen. e 129 cod. proc. pen., è deducibile e rilevabile d’ufficio ex art. 609, comma secondo, cod. proc. pen. anche nel caso di ricorso inammissibile. Occorre allora cercare di comprendere quale sia la portata della riforma e quali ne siano gli effetti nella fattispecie in esame. 6. Sono noti i dubbi interpretativi suscitati dalla nuova norma. Ciò che è chiaro, in quanto espressamente previsto all’art. 590-sexíes, comma 2, è che è stata abrogata la disciplina penale relativa alla depenalizzazione della colpa lieve della legge Balduzzi, essendo stato abrogato l’intero comma 1 dell’art. 3. Non si pone più pertanto un problema di grado della colpa, salvo casi concreti in cui la legge Balduzzi possa configurarsi come disposizione più favorevole per i reati consumatisi sotto la sua vigenza coinvolgenti profili di negligenza ed imprudenza qualificati da colpa lieve (per ultrattività del regime Balduzzi più favorevole sul punto). Altrettanto chiaro è che il legislatore ha ritenuto di limitare l’innovazione alle sole situazioni astrattamente riconducibili alla imperizia, cioè al profilo di colpa che si fonda sulla violazione delle leges artis, che ha ritenuto non punibili neanche nell’ipotesi di colpa grave. In questo senso può ritenersi ulteriore elemento di certezza il superamento in senso restrittivo del dibattito apertosi in sede di legittimità sull’applicabilità della legge 189/2012 non solo nelle ipotesi di imperizia ma anche nei casi di negligenza ed imprudenza ( quando le linee guida contengano regole prescrittive di particolare attenzione e cura nello svolgimento di attività considerate pericolose, investendo più la sfera dell’accuratezza, che quella dell’adeguatezza professionale della prestazione; v.,in termini, Sez. 4, n. 23283 del 11,05,2016, De Negri, Rv. 266903; n. 45527 del 01/07/2015, Cerracchio, Rv. 264897; n. 47289 del 09/10/2014, Stefanetti, Rv. 260739). Sono note altresì le critiche sollevate già all’indomani della riforma, che attengono alla rilevanza delle linee guida, così come delineate dal legislatore, ed alla difficoltà di delimitare in concreto la nozione di imperizia da quelle confinanti e, talora, in parte sovrapponibili di negligenza ed imprudenza. 7. Occorre, inoltre, tener conto della obiezione di fondo secondo la quale in presenza di “colpa grave”, sarebbe oltremodo difficile ipotizzare come sussistenti le condizioni concorrenti previste per l’impunità del sanitario, nel senso che sembrerebbe difficile conciliare il grave discostamento del sanitario dal proprium professionale con il rispetto delle buone pratiche clinico assistenziali, e, soprattutto, decisivamente, che possa conciliarsi la colpa grave con un giudizio positivo di adeguatezza delle linee guida al caso concreto. E’ obiezione degna di considerazione, ma alla quale si può opporre il concorrente rilievo della lettera e della finalità della legge: sotto il primo profilo, il legislatore, innovando rispetto alla legge Balduzzi, non attribuisce più alcun rilievo al grado della colpa, così che, nella prospettiva del novum normativo, alla colpa grave non potrebbe più attribuirsi un differente rilievo rispetto alla colpa lieve, essendo entrambe ricomprese nell’ambito di operatività della causa di non punibilità; sotto l’altro concorrente profilo, giova ribadire che con il novum normativo si è esplicitamente inteso favorire la posizione del medico, riducendo gli spazi per la sua possibile responsabilità penale, ferma restando la responsabilità civile. La nuova legge, in sostanza, cerca di proseguire in un percorso di attenuazione del giudizio sulla colpa medica, introducendo così una causa di esclusione della punibilità per la sola imperizia la cui operatività è subordinata alla condizione che dall’esercente la professione sanitaria siano state rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge, ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico assistenziali e che dette raccomandazioni risultino adeguate alla specificità del caso concreto. Tale risultato è stato perseguito dal legislatore [in tal senso la lettera della norma non ammette equivoci] costruendo una causa di non punibilità, come tale collocata al di fuori dell’area di operatività del principio di colpevolezza: la rinuncia alla pena nei confronti del medico si giustifica nell’ottica di una scelta del legislatore di non mortificare l’iniziativa del professionista con il timore di ingiuste rappresaglie mandandolo esente da punizione per una mera valutazione di opportunità politico criminale, al fine di restituire al medico una serenità operativa così da prevenire il fenomeno della cd. medicina difensiva. In questa prospettiva l’unica ipotesi di permanente rilevanza penale della imperizia sanitaria può essere individuata nell’assecondamento di linee guida che siano inadeguate alla peculiarità del caso concreto; mentre non vi sono dubbi sulla non punibilità del medico che seguendo linee guida adeguate e pertinenti pur tuttavia sia incorso in una “imperita” applicazione di queste [con l’ovvia precisazione che tale imperizia non deve essersi verificata nel momento della scelta della linea guida – giacchè non potrebbe dirsi in tal caso di essersi in presenza della linea guida adeguata al caso di specie, bensì nella fase “esecutiva” dell’applicazione]. E’ una scelta del legislatore – che si presume consapevole- di prevedere in relazione alla colpa per imperizia nell’esercizio della professione sanitaria un trattamento diverso e più favorevole rispetto alla colpa per negligenza o per imprudenza. Non è questa la sede allora di occuparsi funditus di tale scelta, nell’ottica del rispetto dell’articolo 3 della Costituzione [potrebbe in vero dubitarsi della coerenza di una scelta di non punibilità dell’imperizia grave e invece della persistente punibilità di una negligenza “lieve”], per difetto di rilevanza nel caso di specie. Ciò che qui basta ai fini della presente vicenda processuale è la ricostruzione del testo e della finalità della nuova legge e la conseguente applicabilità del novum giacchè si discute di colpa per imperizia. Alla luce delle considerazioni svolte deve affermarsi il seguente principio di diritto: «Il secondo comma dell’art. 590-sexies cod. pen. articolo introdotto dalla legge 8 marzo 2017, n. 24 (c.d. legge Gelli-Bianco), prevede una causa di non punibilità dell’esercente la professione sanitaria operante, ricorrendo le condizioni previste dalla disposizione normativa (rispetto delle linee guida o, in mancanza, delle buone pratiche clinico-assistenziali, adeguate alla specificità del caso), nel solo caso di imperizia, indipendentemente dal grado della colpa, essendo compatibile il rispetto delle linee guide e delle buone pratiche con la condotta imperita nell’applicazione delle stesse»

Nel caso in esame, le sentenze di merito, pur condivisibilmente riscontrando la grave imperizia dell’imputato, non hanno svolto alcuna considerazione in ordine al rispetto o meno da parte del sanitario delle linee guida o delle buone pratiche. Pertanto per accertare la ricorrenza di tali circostanze e, quindi, la presenza dell’applicabilità della causa di non punibilità, sarebbe necessario un annullamento con rinvio, inibito dalla maturata prescrizione e dalla impossibilità di prosciogliere l’imputato con formula più favorevole. Pertanto in ossequio ai principi della sentenza Tettamanti, si impone l’annullamento senza rinvio della sentenza, agli effetti penali, per l’intervenuta prescrizione del reato”.

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