Legge Pinto: al difensore non possono essere liquidati onorari al di sotto del minimo.

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La Cassazione Sesta Sezione Civile con ordinanza n. 26575 pubblicata il 17/10/2019 si è occupata del tema della quantificazione degli onorari spettanti al difensore del soggetto che propone ricorso ex L. 89/2001.

La Corte aveva liquidato euro 210 oltre accessori.

Gli interessati hanno impugnato il decreto lamentando l’erroneità della liquidazione in quanto al di sotto del minimo di cui al DM 55/2014.

La Suprema Corte accoglie il ricorso con questa motivazione.

“Come già rilevato da questa Corte, e proprio con specifico riferimento alla liquidazione delle spese di lite nelle procedure di cui alla legge n. 89/2001 (Cass. n. 1018/2018) che l’opinione secondo la quale il decreto del Ministero della Giustizia n. 55 del 10/3/2014, nella parte in cui stabilisce un limite minimo ai compensi tabellarmente previsti (art. 4) non può considerarsi derogativo del Decreto n. 140, emesso dallo stesso Ministero il 20/7/2012, il quale, stabilendo in via generale i compensi di tutte le professioni vigilate dal Ministero della Giustizia, al suo art. 1, comma 7, dispone che “In nessun caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e nelle tabelle allegate, « sono vincolanti per la liquidazione stessa”, non è condivisibile in quanto il D.M. n. 140, risulta essere stato emanato allo scopo di favorire la liberalizzazione della concorrenza e del mercato, adempiendo alle indicazioni della UE, a tal fine rimuovendo i limiti massimi e minimi, così da lasciare le parti contraenti (nella specie, l’avvocato e il suo assistito) libere di pattuire il compenso per l’incarico professionale. Viceversa, il giudice resta tenuto ad effettuare la liquidazione giudiziale nel rispetto dei parametri previsti dal D.M. n. 55, il quale non prevale sul D.M. n. 140, per ragioni di mera successione temporale, bensì nel rispetto del principio di specialità, poichè, diversamente da quanto affermato dall’Amministrazione resistente, non è il D.M. n. 140 – evidentemente generalista e rivolto a regolare la materia dei compensi tra professionista e cliente a prevalere, ma il D.M. n. 55, il quale detta i criteri ai quali il giudice si deve attenere nel regolare le spese di causa. Tornando al caso in esame la liquidazione effettuata dalla Corte locale in complessivi Euro 210,00 si pone al di sotto dei limiti imposti dal D.M. n. 55 (Euro 286,00 di cui Euro 67,50 per la fase di studio, Euro 67,50 per la fase introduttiva, Euro 51,00 per la fase istruttoria, Euro 100,00 per la fase decisionale), tenuto conto del valore della causa (da Euro 0,00 a Euro 1.100,00) e pur applicata la riduzione massima, in ragione della speciale semplicità dell’affare (art. 4, cit.), non emergendo nemmeno che la decisione gravata abbia motivato in merito all’applicabilità o meno dell’aumento ricollegato alla difesa di più parti. Il provvedimento impugnato deve quindi essere cassato con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio……”

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